DOLOR Y GLORIA – Matinée al cinema

DOLOR Y GLORIA

(Spa, 2019)

Un matinée, dunque.

Il parcheggio vuoto, la sala vuota, uscire dal cinema ed avere ancora tutta la giornata davanti.

Belle sensazioni.

E bella anche la pellicola del grande regista iberico.

Un film sul ruolo dei ricordi, sulla solitudine, sull’arte, sull’invecchiamento fisico.

Sulla vita nella sua accezione più amplia, profonda, diagonale e caleidoscopica.

Sul rapporto con la sessualità, con le dipendenze; e ancora una volta sul rapporto con la madre.

Almodóvar, insomma.

Salvador è un bambino prodigio che diventa un adulto geniale (e quindi fisiologicamente solitario), acciaccato nel corpo e nella mente.

Unici amici, i libri ed i suoi quadri.

Almodóvar tiene insieme con la sua magica regia zingara il canto da bambino e la passione adulta per il teatro, l’educazione della strada e il perbenismo cattolico, la Spagna rurale degli anni 60 e i giorni nostri.

Tiene insieme il bucato al fiume e l’eroina.

Penelope brava, e Banderas molto bravo, ma Asier Etxeandía eccezionale.

C’è anche Leonardo Sbaraglia visto su Netflix in alcuni buoni film spagnoli.

Mi sono sentito abbracciato da questo film, che è sapiente in tutto: colori, odori, dialoghi, musiche onirico-ipnotiche, e durata inferiore alle 2 ore.

Chiudo citando una intimazione che Salvador fa ad Alberto, tracciando la linea che lui stesso applica al lavoro e alla vita: “Stai attento a non cadere nel melodramma: il miglior attore non è chi piange, ma chi lotta per trattenere le lacrime”

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