THE LIMEY: voto 7.
Presentato fuori concorso a Cannes.
Di seguito, il mio pensiero sul film (al solito, non mi piace parlare della trama) e un focus sul regista.
Iniziamo col dire che “Limey” e’ il termine con cui nello slang USA si indicano in modo dispregiativo gli ex colonizzatori.
In realta’ la pellicola in se’ vale 6, ma la regia (8), Terence Stamp (8), Barry Newman (7,5) e la locandina (oh, yes), per me valgono 1 punto in piu’.
Segnalo la presenza di Peter Fonda (5), che toglie mezzo punto al film…invertendo i ruoli di Newman e Fonda (fattibile, nonostante la diversa eta’ dei due) il film sarebbe stato a mio avviso molto migliore.
THE LIMEY e’ soprattutto un esercizio di stile, ed un prodotto interessantissimo, pieno di flash-forward e flash-back (alcuni utilizzando immagini di Stamp tratte da “Poor Cow”, film di Ken Loach del 1967)..un montaggio caleidoscopico, dove l’asincronismo richiama l’attenzione dello spettatore e aiuta ad esplorare il protagonista.
Di fatto, un noir (seppur volutamente incompiuto, nel senso che …beh, non voglio rovinarvi la visione).
Si vede che Soderbergh (che l’anno prima aveva folgorato il mondo del cinema con “Sex, Lies and Videotapes”) sta sperimentando con maestria e sta divertendosi…ma di questo leggete nel focus sul regista, che trovate in calce.
Terence Stamp, beh, parabola curiosa.
Debutta nel 1962 in “Billy Budd” di Peter Ustinov, adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Herman Melville, venendo candidato all’Oscar come attore non protagonista.
Nel 1968 lavora anche con Fellini (“Tre passi nel delirio”) e Pasolini (“Teorema”).
E’ una star; lavora con registi del calibro di William Wyler, Joseph Losey (in “Modesty Blaise” con Monica Vitti), John Schlesinger.
Negli anni ’70, invece, l’industria cinematografica comincia a vederlo come comprimario di lusso (in “Superman” I e II, “Wall Street”, “Bowfinger”, tra gli altri).
“The Limey” segna -dopo circa 30 anni- il suo ritorno al ruolo di protagonista. Applausi, anche solo per questo, a lui e Soderbergh.
FOCUS: Steven Soderbergh
Soderbergh e’ personaggio poliedrico (svolge molti ruoli dell’industria cinematografica, e per due di questi -Direttore della Fotografia e Montatore- utilizza 2 pseudonimi).
Confesso pero’ che per me Soderbergh e’ e restera’ soprattutto “Sex, lies and videotapes” (il suo primo lungometraggio, 1989, Palma d’Oro); sia perche’ mi piacque molto (entra nelle relazioni moderne in modo all’epoca non convenzionale, esplorando il link tra voyeurismo e sessualita’), e soprattutto perche’ fu il mio primo film che andai a vedere da solo.
Avevo 21 anni, e quella sera capii che il cinema, da solo, e’ un’altra cosa.
Di seguito un estratto da wiki
< Steven Andrew Soderbergh (Atlanta, 14 gennaio 1963) è un regista, produttore cinematografico, direttore della fotografia, montatore e sceneggiatore statunitense.
Vincitore della Palma d’oro al Festival di Cannes per il film cult Sesso, bugie e videotape, con cui riceve una candidatura all’Oscar alla migliore sceneggiatura originale. Nel 2001, riceve una doppia candidatura all’Oscar al miglior regista per i film Erin Brockovich e Traffic, vincendolo per l’ultimo film citato.
Tra i suoi molti film diretti, i più noti sono Intrigo a Berlino, Ocean’s Eleven – Fate il vostro gioco, Ocean’s Twelve, Ocean’s Thirteen, Magic Mike ed Effetti collaterali. In campo televisivo, ha diretto l’acclamato film TV Dietro i candelabri e la miniserie TV The Knick.
Svolge spesso il ruolo di direttore della fotografia nei suoi film con lo pseudonimo Peter Andrews e quello di montatore assumendo come pseudonimo il nome della madre Mary Ann Bernard. >
Per ulteriori info: https://it.m.wikipedia.org/wiki/Steven_Soderbergh